Dawla by Gabriele Del Grande

Dawla by Gabriele Del Grande

autore:Gabriele Del Grande [Del Grande, Gabriele]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788852086717
editore: MONDADORI
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Lo psicologo della diga

La piatta distesa d’acqua blu si allungava a perdita d’occhio e dava un senso di pace e di immobilità. L’opposto del fragore assordante che proveniva dall’altro lato del lungo sbarramento della diga, dove le acque del fiume venivano espulse turbolente dalle condotte, formando una serie di cascate bianche che andavano a schiantarsi sessanta metri più in basso, nel bacino di calma, per poi essere reimmesse nel corso fluviale dell’Eufrate.

Sadd al-Furāt, la diga dell’Eufrate, era la più grande diga siriana. La prima pietra era stata posata nel 1968 grazie a una collaborazione con l’Unione Sovietica. Cinque anni dopo, nel 1973, il presidente siriano Ḥāfiẓ al-Asad aveva inaugurato l’impianto chiamandolo sadd al-thawra, la diga della rivoluzione. Il bacino artificiale invece aveva preso il suo nome: lago al-Asad. Il lago si estendeva a monte dello sbarramento per un’ottantina di chilometri e portava acqua a tutta la regione grazie a una serie di canali di irrigazione. All’apertura delle saracinesche, le acque del lago venivano immesse nelle condotte forzate della diga attivando le grandi turbine che da ormai quarant’anni garantivano l’energia elettrica a milioni di persone in tutto il Paese. Dal primo piano sotterraneo della diga, si accedeva ai pozzi verticali dove erano installati gli enormi alternatori che trasformavano la corrente prodotta dalle turbine. In un’apposita sala gli ingegneri preposti monitoravano la produzione e la distribuzione dell’energia sulla rete elettrica attraverso una serie di quadri e sistemi automatici. Abū Usāma osservava entusiasta l’opera ingegneristica. Non aveva mai visto niente di simile in vita sua. Nemmeno durante i viaggi in Libano e in Giordania.

Era arrivato a Ṭabqa di buon mattino. Con la mimetica, il passamontagna e la calibro 9 nella fondina. Era la sua seconda missione. Come la volta precedente, l’autista Abū Muḥammad l’aveva fatto scendere dal Mitsubishi lontano da occhi indiscreti e da lì Abū Usāma aveva continuato a piedi fino alla diga. Dall’Iraq, l’ex colonnello Abū Anas gli aveva ordinato di recarsi urgentemente alla prigione della diga. Alla prigione, sì. Perché anche nei pozzi della diga c’era una prigione segreta. Prima dell’ispezione, però, doveva vedere lo psicologo.

Lo psicologo lo aspettava in un ufficio nei sotterranei della diga. Un passamontagna nero gli copriva il volto. Era un uomo alto e aveva un che di raffinato nei gesti e nei modi. Indossava pantaloni afgani neri su cui portava la cintura esplosiva. Dette il benvenuto ad Abū Usāma, gli strinse la mano e lo invitò a prendere posto sulla sedia dall’altro lato della scrivania. Quindi sedette anche lui e si presentò.

«Mi chiamo al-Qaʿqāʿ. Sono un dottore in Psicologia e sono qui per addestrarti» disse lo psicologo con un forte accento del Golfo. Abū Usāma si limitò a fare un cenno con la testa come per dire che non c’erano problemi.

«Il nostro emiro Abū Anas» continuò il dottor al-Qaʿqāʿ riferendosi all’ex colonnello «mi ha parlato molto bene di te. Eppure, caro fratello, come saprai non tutti possono entrare a far parte della Sicurezza Esterna. Ci sono dei requisiti. Non basta il coraggio e non basta nemmeno la fede.



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